Il ragazzo invisibile, la recensione

Il mondo dei supereroi cinematografici, si sa, è peculiarità delle majors americane e poco conta se in passato l’Italia ha partorito prodotti super-weird come Flashman (1967) o Superargo contro Diabolikus (1967) – o più recentemente lo strampalato indie La banda dei supereroi, che nessuno ha visto! – tanto si sa: i film con gli effetti speciali si fanno in America! In barba a questo pensar comune (soprattutto dei produttori), arriva il kolossal nazionalpopolare Il ragazzo invisibile, che porta la firma di uno dei più grandi registi italiani viventi: Gabriele Salvatores.

E non poteva essere nessun altro a mettere il nome su un film così ambizioso e “intruso” nella cinematografia italiana, dal momento che Salvatores ha incentrato la sua carriera sulla sperimentazione e sulla voglia continua di svecchiare un panorama cinematografico – quello italiano – incastrato in un assurdo loop di opere tutte uguali e difficilmente vendibili sui mercati internazionali. In fin dei conti, il regista di Nirvana ed Educazione Siberiana era la scelta più adatta e “rassicurante” per una produzione importante capace di toccare quasi i 10 milioni di euro di investimento.

Bene, capolavoro annunciato, dunque! Eppure le cose, a film visto, non sono proprio così e ci si rende conto come Il ragazzo invisibile sia un gigantesco buco nell’acqua, nonché la triste conferma che in Italia non siamo capaci di fare cose diverse e, soprattutto, competitive su mercato internazionale.

il ragazzo invisibile immagine 1

Fermo restando che le intenzioni sono assolutamente da premiare e che Il ragazzo invisibile è condotto con una maestria che non poteva essere da meno se c’è il nome di Salvatores coinvolto, il film in se è di una pochezza sconcertante, attribuibile in primis all’ignoranza sull’argomento trattato. E qui, ahinoi, risiede il vero scoglio del cinema italiano che, seppur volenteroso, manca di vero coraggio, competenze e persone che sappiano con assoluta certezza quello che stanno facendo.

Il problema fondamentale di Il ragazzo invisibile, infatti, risiede nell’essere stato realizzato da un team che forse conosce il mondo dei supereroi, dei fumetti e del fantastico in generale in maniera limitata e limitante: non ci si stupirebbe se l’argomento fosse stato approfondito solo a ridosso della lavorazione del film, guardando semplicemente gli ultimi blockbuster Marvel con gli occhi di un genitore che porta il figlio di 8 anni al cinema la domenica pomeriggio e poi gli compra il Lego degli Avengers per Natale. Perché se Salvatores ha tranquillamente ammesso che lui non è mai stato un fan di fumetti e cinecomics e che ha accettato la sfida di Il ragazzo invisibile come si accetta un qualsiasi film su commissione, chi invece questo film l’ha prodotto e l’ha scritto, ha interpretato il filone in maniera sbagliata. Il risultato? Il ragazzo invisibile è stato realizzato come film per adolescenti, con un target ben specifico che – parliamoci chiaro – non è assolutamente il target unico di questo tipo di film.

Un ibrido davvero poco classificabile, un film dall’impronta d’autore ma scritto ad uso e consumo di ragazzini, che avrà irrimediabilmente l’effetto di annoiare a morte il pubblico per cui è stato pensato e risultare refrattario per chi, solitamente, apprezza il cinema di Salvatores.

E vi ricordo che ci hanno investito quasi 10 milioni di euro.il ragazzo invisibile immagine 2

Il ragazzo invisibile è scritto molto bene Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, ma purtroppo è scritto male se inserito in un contesto superoistico. Attento a sottolineare il disagio di un adolescente e rimarcare come la sua voglia di scomparire coincida per contrapposizione con la sua affermazione a livello sociale, Il ragazzo invisibile cavalca lo stereotipo dello stereotipo, prende i cliché più banali del filone e ci dice ogni secondo che hanno imparato a memoria la massima marveliana del “supereroe con superproblemi”.

La classica ma efficace costruzione in tre atti, con particolari sul passato e colpi di scena che si svelano poco alla volta, tende a limitare la portata che solitamente un cinecomix dovrebbe avere con uno squilibrio di ritmo e di elementi action che ogni film di questo tipo irrimediabilmente possiede. In pratica è come se si trattasse dell’avventura sulla genesi di un supereroe dove la scoperta dei poteri occupa tre quarti del film e l’ultimo quarto è un preambolo al climax che di fatto non esiste. La relativamente corposa scena finale al porto è, infatti, poco pregnante e serve più a distillare informazioni che portare lo spettatore nel cuore dell’azione. E non ci si può neanche nascondere dietro la scusa che non c’erano i soldi per fare un film spettacolare perché, seppure sia vero che tutto Il ragazzo invisibile sia costato come dici minuti di un qualsiasi blockbuster della Marvel, è anche vero che nelle due ore del film di Salvatores si muovono per lo più attori sconosciuti, la location è un paesino del nord Italia e gli unici effetti speciali sono la cancellazione di una tuta verde per rendere invisibile un attore, cosa che faceva tranquillamente anche James Whale nel 1933.

Se poi vogliamo parlare di effetti speciali – comunque realizzati con perizia, malgrado la relativa semplicità – abbiamo la conferma di come chi sta dietro questa operazione abbia un’idea forse riduttiva o completamente deviata del prodotto che aveva tra le mani. Film di questo tipo servono ad abbattere il muro tra schermo e spettatore, a renderlo partecipe e assuefarlo al meccanismo di sospensione dell’incredulità, che si da per praticamente scontato, anche perché, nel 2014, lo spettatore è ampiamente alfabetizzato al cinema dell’effetto speciale. E in Il ragazzo invisibile che succede? Che nei titoli di coda, in maniera molto puerile, si mostra il dietro le quinte dell’effetto visivo, come a dire che tutto era un’illusione e che anche loro (noi) sono bravi a fare l’effetto speciale. Ma c’è bisogno di questa cosa? Francamente no.

il ragazzo invisibile immagine 3

Cast altalenante perché se Valeria Golino e Fabrizio Bentivoglio sono una garanzia e funzionano bene in un contesto a loro insolito, il cast di giovani protagonisti non convince troppo. Benino il protagonista Ludovico Girardello, ma poco espressivi e recitativamente davvero acerbi tutti gli altri. L’Andreij di Christo Jivkov, che ha un ruolo chiave per il passato del ragazzo invisibile, è abbigliato e caratterizzato in maniera ridicola, ma questo fa parte, purtroppo, della visione limitata che sta dietro il genere superoistico come concepito qui.

Dunque ok, bravi e coraggiosi per aver buttato una barca di soldi in un progetto che in Italia neanche il Re dei folli avrebbe mai realizzato, ma visto che ci si trovavano, forse era il caso di mettere su un film più coerente, pensato da chi questo universo lo mastica realmente. Così c’è un film per bambini che ai bambini non piacerà e, soprattutto, un prodotto che arriva sul mercato internazionale già vecchio, somigliando nell’estetica e nei contenuti a quello che negli States hanno fatto almeno quindici anni fa.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un film curato sotto ogni punto di vista.
  • La mano di Salvatores si nota, seppur si tratti di un film su commissione chiaramente poco sentito.
  • Comunque apprezzabile il coraggio di voler fare qualche cosa di diverso per il panorama italiano.
  • Pensato come un film per bambini, cosa che il genere superoistico ovviamente non è.
  • Il cast di giovani lascia molto a desiderare.
  • Per essere un film di supereroi e, per di più, per ragazzini, è noioso.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 5.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Il ragazzo invisibile, la recensione, 5.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.