Gatta Cenerentola, la recensione
La Megaride è un’immensa nave ormeggiata nel porto di Napoli. Ma forse definirla semplice nave è troppo riduttivo. Sì, perché la Megaride è il colossale progetto di Vittorio Basile, armatore e scienziato, che vuole risollevare la sua amata città portandola nel futuro proprio con la nave, mastodontica struttura iper tecnologica, dotata di un sofisticato sistema di memoria orografica che permetterà di concentrare tutta la conoscenza, tutto ciò che si può vedere al mondo, proprio sulla nave. È un uomo che ha tutto, compresa una bellissima fidanzata che si appresta a sposare: Angelica, voluttuosa e ammirata cantante, sarà una buona madre per la piccola figlia di Basile, Mia, e anche le sette figlie di lei potranno finalmente avere di nuovo una famiglia.
Ma la tragedia è, ovviamente, dietro l’angolo. Basile viene brutalmente assassinato poche ore dopo il matrimonio e con lui muoiono i grandiosi progetti per Napoli.
Inizia così il degrado della Megaride e della città stessa, mentre la piccola Mia si ritrova con una matrigna cattiva e sette antipatiche sorelle in una nave “infestata” da ricordi oleografici di una vita più felice. Mia sviluppa anche una sorta di mutismo, conseguente al trauma della perdita del padre, e viene sempre più isolata dal mondo esterno.
Gatta Cenerentola è un film d’animazione che riprende la vecchia favola popolare raccolta da Giambattista Basile e la trasporta in una Napoli a noi quasi contemporanea, popolata da cantanti neomelodici, trafficanti di droga e tecnologia avveniristica. Questa pellicola si presenta come qualcosa di totalmente inaspettato e per questo doppiamente intrigante.
Una fiaba moderna fruibile da un pubblico vasto, su diversi livelli.
Sulla storia, solo apparentemente semplice, vengono modellati quelli che sono i veri punti di forza di questo film: i suoi personaggi e l’ambientazione. I protagonisti sono estremamente caratterizzati e viene donata loro una profondità di sentimenti e intenti che acuisce l’interesse dello spettatore nei loro confronti, portandolo ad appassionarsi alle loro vicende prima che alla storia che li lega. Questo accade principalmente con i cattivi, anime perdute che non si riesce totalmente a colpevolizzare perché ne vediamo lo straziante lato umano, le avversità che li hanno condotti alla situazione attuale.
E poi c’è Napoli. Napoli che non è solo una semplice location ma è viva e pulsante davanti ai nostri occhi. Certo, vediamo il porto, dove tutto inizia, e da cui si irradia il male della criminalità che avvolge ogni cosa come una nera nebbia tossica. Ma Napoli è anche nelle parole dei personaggi, che si rivolgono gli uni agli altri con il loro ritmato accento immediatamente riconoscibile. Napoli è nella musica, familiare e coinvolgente, tutta composta da canzoni originali perfette per immergere ancora di più lo spettatore in questa città meravigliosamente ricca di contrasti.
Gatta Cenerentola non si risparmia. Ci sono scene di violenza e un linguaggio che non siamo proprio abituati a sentire in una pellicola di animazione e credo che questo sia un fatto estremamente positivo. È ormai da tempo giunto il momento per l’animazione di staccarsi dall’immaginario che la vuole prerogativa infantile per conquistare la dignità di genere a sé stante dotato di tantissime voci e innumerevoli cose da dire. Certo, questo processo è già in moto da tempo ma è cosa giusta e lodevole vederne un valido esempio in una produzione interamente italiana.
Michela Marocco
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