Era d’estate, la recensione
Tutti noi conosciamo l’immensa importanza che i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ricoprono nella storia italiana: grazie al loro capolavoro, ovvero il maxiprocesso svoltosi a Palermo dal 1986 al 1992, finalmente fu dato un nome e un volto alla mafia siciliana. Ma non molti sanno che, nell’estate del 1985, i due giudici dovettero trascorrere insieme alle rispettive famiglie un mese confinati all’Asinara, per sfuggire a una minaccia di morte partita dai vertici di Cosa Nostra.
Il film di Fiorella Infascelli prende piede da questa vicenda per indagare su Giovanni e Paolo, sugli uomini prima che gli eroi. Per realizzare quest’obiettivo ha scelto quell’estate cristallizzata nelle pieghe del tempo: un’estate partita con la paura per un possibile attentato e l’insofferenza per la reclusione sull’Asinara, ma vissuta in seguito con gratitudine per quella pace isolana impossibile da trovare nel caos di Palermo.
Negli anni passati c’è stato un proliferare di fiction (perlopiù made in Rai) dedicate alle figure dei due giudici alle prese con la lotta alla mafia; dunque è lodevole l’intento della Infascelli nel raccontare una storia che desse maggior risalto ai lati più “domestici” di Falcone e Borsellino. Peccato che, nel perseguire a tutti i costi quest’imperativo, Era d’estate finisca per risultare un film piatto come il mare che circonda l’Asinara: si configura, infatti, come un susseguirsi di scene terribilmente ordinarie e prive di significato, la cui unica ragion d’essere ruota intorno ai due giudici colti nel loro tran tran giornaliero. Così li osserviamo mentre pescano i ricci, mentre cenano o passeggiano, persino mentre litigano; questo accade per quasi tutta la durata del film. L’unico evento dotato di pathos riguarda il malore della figlia maggiore di Borsellino, Lucia, che venne riportata di corsa a Palermo per ricevere le cure necessarie.
Poiché anche Rai Cinema ha preso parte alla produzione del film, perlomeno ci si aspettava la trita retorica propria dei suoi sceneggiati: ma si arriva quasi a rimpiangere questa caratteristica, dopo due ore basate – letteralmente – sul nulla. Anche l’ordinarietà può risultare degna di interesse, cinematograficamente parlando, se la si racconta nella giusta maniera: purtroppo non è il caso di Era d’estate, resoconto monocorde la cui esistenza sembra giustificata solo dalla brama di spremere fino all’ultimo le gocce dell’eredità di Falcone e Borsellino. L’episodio dell’Asinara, per quanto sia avvenuto a causa di una minaccia reale e spaventosa, non conteneva i presupposti necessari per essere spalmato su un intero film; forse avrebbe funzionato meglio se incastonato all’interno di un ritratto più eterogeneo della vita dei giudici.
Buona comunque la prova degli attori, col beniamino della Rai Beppe Fiorello nel ruolo di Borsellino e Massimo Popolizio in quello di Falcone; a suo agio anche Valeria Solarino, interprete della compagna di Falcone, Francesca Morvillo.
Giulia Sinceri
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